sabato 22 marzo 2014

Invasi dalle “BIOMASSE”….NO Grazie!

Invasi dalle “BIOMASSE”….NO Grazie! Da alcuni anni Medicina è invasa da impianti “Biomasse” quantità esagerata, sei impianti, che sottraggono alle colture tradizionali, atre 3500 ettari. Qualche, finto ingenuo, si gloria di aver così salvato le attività agricole, da sicuro declino. La realtà sembra andare in direzione opposta. Negli ultimi mesi le domande presentate ed autorizzate nella Provincia di Bologna, tendono a calare fino allo zero. Per latro, una recente intenzionalità del Ministero dell’Agricoltura propone di legare ai contributi statali anche l’obbligo di fornire allo stato oltre alla energia elettrica prodotta, anche il metano, inopinatamente bruciato o disperso. Si parla di crescenti difficoltà di imprese medicinesi che commercializzano la pregiata cipolla molti attribuiscono questa pericolosa tendenza anche alla spietata sottrazione di ettari destinati a questo prodotto. Lo stesso si può dire per la nostra pregiata erba medica. Circolano voci preoccupate tra i produttori che stentano a incassare quanto gli è dovuto per il mais conferito. E si potrebbe continuare. I finti ingenui sanno bene che nulla induce all’ottimismo e che dalle “Biomasse” non sembra derivare un contributo utile alla salvaguardia della nostra agricoltura tantomeno utilità alla comunità e siamo solo agli inizi. Le puzze sono diminuite ma altre pericolose conseguenze, che non si vedono ma si sentono si potranno evidenziare. Tutto questo è stato già detto e documentato non trovando alcun ascolto. La nostra agricoltura sta già soffrendo le conseguenze prodotte dalla introduzione prepotente e dissennata di “Biomasse”. Si possono prevedere altre più pericolose conseguenze. La coltivazione ai fini “Biomasse” sottrae aree coltivate alla filiera alimentare. Trasformare il prodotto destinato alla alimentazione in energia elettrica cambia sostanzialmente la natura agricola, diventa radicalmente altro. In questo modo le aree destinate a “Biomasse” finiscono con l’assomigliare molto a quelle destinate alle edificabilità. E, non è per nulla scontato che dette aree saranno usate a “Biomasse”, solo temporaneamente per tornare poi alla loro originaria utilizzazione. Nelle aree del medicinese si coltivano prodotti di marchio nazionale, patate, cipolla ed erba medica. Già oggi i coltivatori di questi prodotti avvertono la tendenza alle diminuzione di aree disponibili per la loro attività, con prevedibili, pericolose conseguenze. Non si dica poi che non sarebbe stato possibile fare scelte più compatibili con una difesa dell’ambiente e delle aree abitate. Ci siamo invece trovati di fronte ad atti insensati e di irragionevole prepotenza suscitando le ire dei cittadini. Anche perché la Pubblica Amministrazione si è schierata, senza ritegno, con questi prepotenti. Nelle aree destinate a “Biomasse”, si evidenziano anche altre due pericolose problematiche. Anzitutto la enorme quantità di acqua necessaria alla coltivazione del mais. Non a caso la cultura del riso non fu sostituita dal mais ma da altri prodotti. L’acqua per il riso era abbondante, usarla per il mais sarebbe risultata insufficiente. E’noto che la presenza del Canale “Emiliano – Romagnolo” e della Diga di “Ridracoli”, non assicura dalla siccità la Romagna. Le autorità idrauliche bolognesi avvertono da tempo che il Po’ potrebbe non assicurare sempre la quantità s’acqua necessaria alla Provincia di Bologna, aumentare più di tanto colture come il mais potrebbe rilevarsi un irragionevole azzardo. Nelle aree coltivate a “Biomasse” si tende a non praticare le necessarie rotazioni. Come comandato, dall’antico buon senso contadino, da norme nazionali e comunitarie. Si coltiva ogni anno mais o similari, in alcuni casi, lo stesso prodotto due volte nel corso dell’anno solare. Inevitabile l’uso smisurato di concimi prepotenti, dagli affetti deleteri. Non serve sottolineare come queste forzature renderanno le terre drogate e sempre più sterili. Già il fotovoltaico produce con certezza inevitabili processi di versificazione. Evidente dunque che diffondere senza raziocinio impianti a “Biomasse”, solo con l’obiettivo di immediato rientro finanziario non aiuta ma danneggia l’agricoltura. Indurrà gli agricoltori a lasciare i campi. Si può proporre la domanda, cosa succederà, quando queste terre non daranno più raccolti adeguati? Facile immaginare che saranno abbandonate per trasferire le coltivazioni in quelle più vicine ancora feconde. Così facendo, anche il territorio circostante, tenderà a diventare infecondo. A questo punto, cosa affluirà gli impianti al posto del mais? Giungeranno rifiuti sempre meno raccomandabili, controllabili e sicuri. Facile prevedere che arriveranno discutibili finanziatori già presenti nel Nord Italia e in Emilia Romagna, come ci ricordano quasi quotidianamente, Prefetture, Questure e Procuratori Generali. Si tenga anche presente che gli impianti si trovano spesso vicini ad agglomerati urbani anche capoluoghi di comune. Per Medicina si pensi in particolare alle situazioni del Capoluogo di Ganzanigo e Fiorentina. Gli abitanti di queste comunità si troveranno in un contesto completamente alterato e modificato. Sentiranno vociferare di nuovi malanni in qualche caso pericolosi. Finiranno con l’imprecare contro l’innocente Iddio e non verso l’inscipienza umana e gli amministratori pubblici che avevano eletto perché curassero con amore il bene di tutti. E dunque, anche sotto tutti questi profili, ragionevole sostenere che coltivazioni per produrre energia elettrica, non sono attività agricola. Perché il risultato finale è altro. E’ dunque sostenibile la proposta di collocare questa materia nel contesto di un recente progetto di legge governativa che tende a contenere la edificabilità delle aree agricole, una esigenza assolutamente prioritaria. In conclusione, senza pretesa di possedere verità assolute, continuiamo a proporci di dare voce a migliaia di persone che desiderano essere ascoltate dalle autorità. La ritrosia all’ascolto di queste è un segno evidente del distacco crescente e pericoloso, tra gente e politica. L’arrivo di impianti “Biomasse”, non è un normale mutamento di attività agricole ma un cambiamento radicale e profondo dell’ambiente circostante e di conseguenza, della vita di tutti. Solo sciocchi o interessati possono sostenere che tutto rimarrà come prima. Tanti cittadini temono che possa ripetersi quanto già avvenuto con l’”Eternit” ,gli impianti “Ilva”, di Tarant e in tanti altri casi più o meno noti. Su questi casi, tanti avranno avvertito per tempo che rano prevedibili possibili pericoli, nessuno gli h amai ascoltati. Quanta irresponsabile trascuratezza ha aleggiato da sempre tra di noi? Trasformare in “Biomasse” una fetta rilevante delle aree coltivate non è un evento normale ma un mutamento epocale. Governare la questione con ragionevole equilibrio, in tutti i suoi aspetti è quanto richiedono tanti italiani. Si poteva e si può governare meglio la questione dando anche il giusto valore alla vita e alla salute. Si può privilegiare l’intervento diretto dei coltivatori tenendo lontano tanti faccendieri, che, con l’agricoltura non hanno niente a che fare. Il coltivatore vive in simbiosi con la terra, non la sfrutterà mai tanto, da renderla sterile. Preservare la terra dalla depauperazione significa preservare la presenza dei coltivatori. Nessuno è mai stato, per principio contrario alle energie rinnovabili, una necessità nazionale. Tanti chiedono un giusto equilibrio tra il tornaconto dei singoli e il bene comune. Perché il perseguimento del bene comune è, l’unica fede che deve accomunare tutti. Renato Santi Sezione PSI di Medicina