lunedì 3 settembre 2012

LE NUOVE PROVINCIE: facciamone il punto di partenza di una grande riforma istituzionale

LE NUOVE PROVINCIE:
facciamone il punto di partenza di una grande riforma istituzionale

La grave crisi impone di essere lungimiranti, nella consapevolezza che è necessario
superare l’Europa degli Stati, per immaginare, al contrario, l’Europa dei popoli:
l’unità federale europea sarà tale soltanto quando in essa saranno
federate le Regioni d’Europa e non gli Stati ottocenteschi.

Le Regioni hanno poco tempo (24 ottobre) per definire le nuove Provincie, ma possono farlo in modo di prefigurare una vera riforma istituzionale, innanzitutto immaginando un nuovo regionalismo di respiro europeo: sei/otto grandi Regioni, una cinquantina di grandi Provincie e città metropolitane, non più di 2.000/2.500 grandi Comuni, in luogo degli attuali oltre ottomila, organizzati in grandi Unioni di Comuni, per conferire, ad ognuno di questi livelli istituzionali, precise competenze.

Le regioni volute dalla Costituzione hanno ormai non solo rango legislativo e competenze di programmazione, ma anche di amministrazione, diretta o indiretta (delegata), per la gestione di servizi. Esse perciò non sono più soltanto il completamento di uno Stato delle autonomie, ma si configurano appieno come parti di un potenziale Stato federale: per farne Regioni di una Europa federale occorre però definirne meglio le competenze e ampliarne le dimensioni territoriali e di popolazione; in quest’ambito il riordino istituzionale potrebbe ben prevedere Provincie e Città metropolitane, mediamente con un milione di abitanti, con competenze di area vasta, nonché Comuni con almeno quindicimila abitanti, organizzati in Unioni idonee a gestire servizi nel sottosistema di quell’area vasta.

Non limitiamoci perciò a definire le nuove Provincie dell’Emilia Romagna semplicemente per rispettare i vincoli posti dal Governo (almeno 350.000 abitanti e 2.500 chilometri quadrati), ma andiamo oltre.

Esiste una Romagna che non è soltanto quella delle Provincie di Forlì Cesena, Ravenna e Rimini: otto dei dieci Comuni del Circondario di Imola, che qualcuno di recente aveva proposto di costituire in Provincia con Faenza; la Romagna estense che, a metà del XIV secolo, si estendeva da Ferrara alla Provincia di Ravenna con ben sette (Lugo, Bagnacavallo, Cotignola, Sant'Agata sul Santerno, Conselice, Massa Lombarda e Fusignano) dei nove Comuni del comprensorio di Lugo, nonché il Comune di Russi e parte del Comune di Ravenna (Piangipane).
Una grande Romagna potrebbe perciò comprendere anche quegli otto Comuni del Circondario di Imola, lasciando quelli di Medicina e Castel S. Pietro alla Città metropolitana di Bologna; così come la Provincia di Ferrara, lasciando alla città metropolitana di Bologna il territorio che da Cento si estende fino alla Provincia bolognese.

Sarebbe una grande Provincia europea, operativamente organizzata in Unioni dei Comuni nell’ambito delle quali quelli con meno di quindicimila abitanti diverrebbero semplici Municipi e soltanto gli altri manterrebbero il rango di Comuni.

Naturalmente la materia elettorale andrebbe ben approfondita, prevedendo soltanto due livelli elettivi di primo grado (i nuovi Comuni coi loro Municipi e la Regione), individuando dei collegi utili alla elezione dell’Assemblea regionale e all’elezione del corpo elettorale chiamato a eleggere tutti i rappresentanti di secondo grado (Provincia, Unioni e Municipi): forse la miglior cosa sarebbe quella di individuare tanti piccoli collegi, utili a definire contemporaneamente il corpo elettorale per tutti i livelli nei quali si debbano eleggere rappresentanti di secondo grado.

Se non tutto si può fare in un sol colpo, facciamo almeno in modo che farlo resti possibile.

Un contributo di C. Lorenzo Corelli