Al trentesimo della
scomparsa di Berlinguer è stata riservata un’attenzione forse senza
precedenti, il suo
nome è stato addirittura invocato e reclamato dai due principali contendenti
della campagna
elettorale europea, a lui uno dei più alti dirigenti del Pd ha voluto
addirittura
dedicare un film.
Oggi, 10 giugno 2014, al novantesimo dell’omicidio di Matteotti cerchiamo di
analizzare il
messaggio politico e la fine dei due.
Enrico Berlinguer,
da segretario nazionale del PCI elabora la strategia del compromesso storico
nel 1973 subito dopo
il colpo di stato in Cile, convinto che non si possa governare col 51%, ma
solo in Italia a
causa della presenza di un forte partito comunista. Sogna un eurocomunismo che
non esiste, una
terza via tra socialdemocrazia e comunismo insostenibile, considera conclusa la
spinta propulsiva
della rivoluzione d’ottobre solo dopo il colpo di stato in Polonia del 1980.
Rompe l’unità
nazionale, dopo avere sostenuto la linea della fermezza durante il caso Moro, e
si
avventura in una
linea di estrema intransigenza fino a sposare l’occupazione della Fiat e il
referendum sulla
scala mobile.
Giacomo Matteotti si
dedica alla battaglia per l’emancipazione delle plebi rurali del suo Polesine.
Riformista
intransigente, nel 1921 si oppone al comunismo e al primo fascismo. Segue
Turati,
Treves e Prampolini
nella fondazione del Psu, dopo l’espulsione dei riformisti su dictat di Mosca
e ne diviene primo
segretario. Eletto per la prima volta deputato nel 1919, sferra con
temerarietà i suoi
colpi contro il fascismo prima con pubblicazioni poi, col suo mirabile discorso
del 30 maggio del
1924. Lo ammazzano come un cane per le sue idee e forse anche per la sua
denuncia contro una
losca storia di tangenti pagate a membri del governo e alla stessa
monarchia da una
società petrolifera. Al suo nome vengono dedicate brigate partigiane durante
la lotta di
liberazione. La vera motivazione dell’esaltazione dell’uno e della
“dimenticanza”
dell’altro non può
essere fondata sull’attualità del loro messaggio. È più attuale il comunismo,
sia pure in salsa
italiana, del socialismo democratico? È più attuale l’eurocomunismo
dell’eurosocialismo?
È più attuale il comunismo democratico del riformismo? È più attuale chi
volle il referendum
di chi difese il patto antinflazione? E per l’altro. É più attuale chi si
oppose
alla scissione di
Livorno o chi la volle, e più attuale chi esaltò o chi contestò il mito dei
soviet,
chi fu espulso dal
Psi massimalista su ordine di Lenin a pochi giorni dalla marcia su Roma o chi
decretò
l’espulsione? La figura di Matteotti è quella di un vincente, quella di
Berlinguer no. Certo
bisogna riconoscere
al segretario del Pci la rottura, tardiva, con Mosca. Ma non lo strappo con la
tradizione e
l’identità comunista, che avvenne in Italia solo nel 1989, quando il comunismo
era
già sparito. C’è
solo un motivo per esaltare Berlinguer e dimenticare Matteotti ed è proprio
questa sì questione
assolutamente attuale. Negare la spinta propulsiva della tradizione socialista
italiana e affermare
quella comunista. Per il Pd, dove pullulano i quadri con le foto di Berlinguer
e di Moro, forse
questa è anche una necessità.
Meglio
Matteotti. Meglio un po’ di fanatismo riformista. Meglio battaglie
lungimiranti.
Meglio la sua modernità di socialista eretico, europeo, inflessibile
nelle sue denunce. Meglio!!