martedì 8 luglio 2014

RIFORME & SENATO di Rino Formica


RIFORME & SENATO di Rino Formica del 24 giugno 2014


Mi limito a dire che un insieme di elementi perfettamente coerenti indicano che i soggetti che si stanno occupando di questa materia sono in stato confusionale.
Dove stiamo andando, secondo lei?
È inutile fare scenari. Se non si interrompe questo stato confusionale… come lo si possa fare, non lo so. Perché non è passeggero, è cronico. Certo, siamo a un punto quanto mai delicato della vita democratica. Da un lato il Pd appare condizionato dalla pressione dell'antipolitica giustizialista, come nel caso Genovese. Dall'altro lato in chi governa sembra prevalere il principio di realizzare qualcosa costi quel che costi. La sua è una spiegazione troppo benevola. Siamo in uno stato confusionale patologico. Chi può risolverlo, mi chiederà. Si dice che il popolo "vota bene", ma a me non pare che voti sempre bene. C'è stata una grossa astensione. Il 40 per cento ottenuto da Renzi corrisponde solo al 25 per cento del consenso. Questo aggrava il giudizio sulla realtà del paese, non lo migliora.
Ma ci sono le premesse per ristabilire l'equilibrio dei poteri che è andato perduto nel '93?
Nella storia l'heri dicebamus non esiste. Il problema è che non c'è nelle nuove generazioni un sussulto di riflessione, non su come tornare indietro, cosa che non si può mai fare, ma sulla condizione sbagliata della guida politica di oggi.
Ciò detto, una scialuppa di salvataggio c'è o no?
La mia riflessione, derivata dall'esperienza, mi dice che quando l'uomo giunge al punto realmente critico-esistenziale di non ritorno, ci sono le condizioni per un sussulto vitalistico imprevedibile.
Vuol dire che a quel punto non siamo ancora arrivati.
Vuol dire che la percezione che siamo all'ultimo passo essitenziale probabilmente non c'è. Ma questo momento prima o poi arriva, nella vita degli uomini.
Non le sembra vacillare questo tentativo di riforma istituzionale che ha per sponsor Giorgio Napolitano e artefice Matteo Renzi?
Io raccomando solo una cosa. Le riforme non sono più prorogabili nel tempo, e il momento del riformismo costituzionale ora bisogna consumarlo. C'è una maggioranza, faccia la riforma che vuole. A una sola condizione, l'unica che ritengo giusta: che qualsiasi riforma venga fatta, sia sottoposta al voto popolare. Non la si approvi con i due terzi, ma si modifichi l'articolo 138 stabilendo che con qualsiasi maggioranza venga approvata una riforma costituzionale, sia il popolo a pronunciarsi.
Perché dice questo?
Se il popolo vuole sbagliare, sbagli. In democrazia è così; altrimenti, non si sveglia. Il popolo deve essere portato alla responsabilità della decisione, non alla soddisfazione del mugugno. Col mugugno non si tiene in piedi una democrazia.
Confidando però che l'antipolitica non sia la maggioranza nel paese...
Guardi, non ha più importanza. Ce l'avrà dopo. Il vero problema, in democrazia, è che i molti siano coinvolti rispetto alle decisioni dei pochi.